Oggi Il Corriere della Sera pubblica una lunga analisi di Gian Antonio Stella che trova posto in prima pagina e che poi prosegue a pagina 21. Questo articolo, che accende i riflettori sul piano casa bis recentemente discusso dal consiglio regionale del Veneto è in qualche maniera l'epitaffio che accompagnerà la fine del paesaggio nella nostra regione, già martoriata da uno sviluppo che in questi anni mostra tutta la sua natura primigenia.
Se alle considerazioni di Stella aggiungiamo l'ennesima denuncia, pressoché inascoltata dalle istituzioni, che sabato è giunta da associazioni, comitati e semplici cittadini, durante la manifestazione «no grandi opere» tenuta a battesimo da Don Albino Bizzotto, ben si comprende che del Veneto che incantò Goethe rimarrà ben poco.
Ora, senza dubbio all'interno della pastoia che è diventato il tavolo politico delle grandi opere, spesso realizzate con la sciagurata finanza di progetto, allignano interessi opachi e poco rispettosi delle leggi. Le recenti inchieste sul sistema Venezia ne sono l'ennesima conferma. Allo stesso tempo non va dimenticato che condotte omicide nei confronti del territorio sono anche il risultato di un portato normativo che favorisce un andazzo in cui le decisioni che contano sono prese sempre, o quasi sempre, fuori dalle istituzioni.
Ma gli intrallazzi e gli assalti all'ultima diligenza da soli non bastano a spiegare la ferita profonda procurata al Veneto a sé medesimo negli ultimi quarant'anni. Un atteggiamento tanto vessatorio nei confronti dell'ambiente non si spiegherebbe se le classi dirigenti non avessero trovato nella popolazione un soggetto tutto sommato ben disposto nei confronti di questi cambiamenti. Una accondiscendenza che si può e si deve spiegare con l'approccio che i veneti hanno scelto per fare i conti con un passato di povertà dignitosa, che al posto di essere ricordato con sincero orgoglio, è stato sepolto nei piloni di cemento di capannoni, autostrade e improbabili villette. Una furia metodica, diabolica, sorda, silenziosa, ipocrita (basti pensare al continuo richiamo alle tradizioni) che in nome di un passato da cancellare ha confuso, volutamente, il «meglio» con il «di più». I numeri citati da Stella raccontano quindi di una anomalia veneta in in panorama nazionale comunque degradato. Il piano casa versione turbo, non è altro che l'ennesima razione di doping per un cavallo già gonfio di bombe oltre ogni limite. Tutti conosciamo le pressioni esercitate dalla lobby dei costruttori nei confronti del consiglio regionale. Ma quanto sta capitando in queste ore a Venezia, oltre che delinquenziale sul piano morale, è di una demenza assurda, perché la cosa si ritorcerà prima o poi su chi l'ha concepita.
Enrico Rosa
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